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Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio

Film di Isotta Toso

Italy 2010 , 100 min

n un condominio di Piazza Vittorio convive suo malgrado una comunità multietnica. L’ingresso alla palazzina è vigilato da Benedetta, portinaia intollerante e indiscreta sempre impegnata nella maldicenza e nella pulizia dell’ascensore. Asseconda la sua animosità la signora Fabiani, che adora il suo cane e disprezza Maria Cristina, domestica ecuadorena con figlia a carico e amante bengalese. Si prende comunque cura di lei e della sua bambina il professor Marini, docente universitario a cui Dandini, gestore di un bar e di appartamenti, ricorda fastidiosamente la sua milanesità. All’ultimo piano vivono invece i fratelli Manfredini: Marco, avvocato che ha smesso la toga in seguito al drammatico suicidio in carcere del padre, e Lorenzo “gladiatore” gagliardo che vive di espedienti e che morirà misteriosamente in ascensore. Amedeo, condomino modello col vizio della filantropia, verrà accusato del suo presunto omicidio. Proverà a difenderlo e a dargli voce Nurit, fuoriuscita iraniana in cerca di asilo politico e di un miracolo. Ostinata e persuasiva, la donna convincerà i litigiosi condomini ad assistere Amedeo, fino a farlo assolvere dall’incriminazione.Opera prima di Isotta Toso, Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio è la trasposizione del romanzo omonimo di Amara Lakhous, giornalista e scrittore algerino che vive e lavora a Roma dal 1995. Ubicata al centro del rettangolo-quadrato dal nome sabaudo, la palazzina multiculturale a ridosso della Stazione Termini è il teatro di una diversità e di una voce da un altro mondo, troppo spesso sofferente e smarrito. Dopo l’orchestra plurietnica di Agostino Ferrente, è la Toso, aiuto-regista di Notturno bus , ad occupare Piazza Vittorio, per parlare con leggerezza di cose “pesanti” e profonde sulla natura umana. La levità combinata all’impegno è una delle qualità del debutto cinematografico della Toso, che getta uno sguardo sul presente e decide per un cinema attento al reale e alla precarietà del (con)vivere tra pregiudizi e diffidenze. Una scelta d’amore, come quella che compiranno gli inquilini costretti nei loro appartamenti e intorno o dentro un ascensore, farà germogliare però i desideri che abitano una comunità intera di personaggi tristemente incantati su se stessi e dentro una paralisi, che improvvisamente si fa coscienza ineludibile di un circolo vizioso. Il film corale della Toso, ancorata a un paesaggio italiano, più peculiarmente romano, non mantiene però promesse e ambizioni, mostrando una deludente mancanza di forma nella scrittura. Il difetto più evidente è appunto lo script, da cui emergono dialoghi tra personaggi che non si ascoltano tra loro, costruiti su scambi di battute talora privi di senso e frequentemente su stralci di citazioni da Jim Morrison o Tahar Djaout, frasi decontestualizzate che finiscono per inficiare un’opera che poteva essere invece importante e pregevole.

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